“l’Italia è una Repubblica democratica fondata sulla disoccupazione”
FIAT E FINCANTIERI
Dopo 41 anni chiude un’altra realtà industriale
Siciliana, la fine della produzione era stata preannunciata per il 31
Dicembre 2011, ma è stata anticipata al 24 Novembre 2011: i vertici
FIAT, hanno pensato benissimo di consegnare con un mese di anticipo il
regalo di Natale alle maestranze che lavorano nello Stabilimento di
Termini Imerese; niente hanno potuto le lunghe trattative messe in campo
dal mondo politico e dalle parti sociali per poter far cambiare idea
all’azienda. Negli altri Stabilimenti, le sorti sono state decise con la
sottoscrizione di un patto/ricatto sotto il bene placito delle
organizzazioni sindacali, tranne la FIOM che da sempre si è schierata
contro questi patti/ricatti, consistenti nella perdita di diritti per
aver garantito un posto di lavoro, cosa che va in netto contrasto con
l’articolo 1 della Costituzione Italiana, “l’Italia è una Repubblica
democratica fondata sul lavoro”.
Nelle vicende che viviamo in
quest’ultimo periodo possiamo dire che “l’Italia è una Repubblica
democratica fondata sulla disoccupazione”, dramma che riguarda 2.300
maestranze che si traducono in 2.300 famiglie che vivono di FIAT; per
non pensare poi a tutti gli impiegati dell’indotto che pur non essendo
dipendenti diretti ma operai di ditte terze si occupavano
prevalentemente di servizi. Le motivazioni legate alla chiusura sono
che su ogni modello c’è una perdita secca di 1.500,00 Euro dovuta a un
fattore logistico e a un fattore di trasporto. Alla fine tanti discorsi
lunghi anni ma ancora un futuro incerto.
Altra vicenda che non fa
più notizia riguarda lo Stabilimento Fincantieri di Palermo, che allo
stato attuale conta 800 addetti tra dipendenti diretti e indotto, fino
al 2009 contava circa 2.500 maestranze, con una perdita secca di 1700
addetti che non ha fatto notizia; attualmente i 510 dipendenti
diretti, si trovano in cassa integrazione in deroga fino al 31 Dicembre
2011 e a partire da Gennaio 2012 saranno posti in cassa integrazione
straordinaria. La politica che risposte vuole dare anche a queste
maestranze? In questo caso la musica è diversa: per FIAT l’azionista è
privato; in FINCANTIERI l’azionista è lo Stato che la controlla
attraverso la Fintecna (Società del Ministero del Tesoro).
Tirando le somme :2.300+1.700=4.000 posti di lavoro persi nel settore
produzioni, con la scusante della crisi! Chi ha perso? Ha perso la
politica? Hanno perso le parti sociali? Chi ha perso veramente sono i
lavoratori e la Sicilia, dove sono stati bruciati 4.000 posti di lavoro
che si traducono non solo in disoccupazione, ma anche in un’
impoverimento delle attività che ruotano attorno a queste realtà,
scatenando così un fattore dumping.
Quale risposta darà l’attuale
politica a questo? Per FINCANTIERI, sappiamo che è stato siglato un
protocollo d’intesa alla Regione per il ripristino dei bacini di
carenaggio delle navi, per l’ex FIAT c’è una trattativa con la DR
Motors. Saranno sufficienti queste misure per rilanciare l’economia
Siciliana? A nostro avviso no. Servono misure più strutturali e noi
siamo vicenda e pronti con proposte alternative .
G. Valentino coordinatore regionale Val di Mazara
Movimento Sicilia Libera
( immagini prese dal web )
Considerato che le vicende alluvionali hanno richiesto l'attenzione di tutti, non c'è stato quel tempismo sperato, visto che il fatto di Termini I. era in programma da tempo, ma ritengo eccellente l'analisi dettagliata delle conseguenze che aldilà delle cifre, tinteggia il futuro di un'area industriale importante per l'economia siciliana, un'area che insiste sul capoluogo siciliano. Eppure, caro Giorgio Valentino, il dramma, a mio parere, é proprio questo della chiusura del polo industriale palermitano. L'accostamento del dramma di Saponara a quello degli operai della FIAT siciliana é infelice, tuttavia, se si considerano i risvolti dei due eventi, il blocco della catena di montaggio a Termini I., ha un peso molto più grave, per effetto delle sue conseguenze, anche di lunga durata che coinvolgono tutta la metropoli. Sono eventi distinti: il primo (alluvione) conduce in sé il fattore imponderabile del fenomeno metereologico e le responsabilità di numerosi attori che hanno evidenziato un carente controllo e coordinamento dei piani di sviluppo edilizi dei comuni messinesi, la totale negligenza nel non "pretendere" ad oltranza, ogni iniziativa di governo tesa a realizzare i correttivi idonei perché ciò non accadesse. Il secondo evento non é connesso ad alcun fenomeno imponderabile, anzi, l'esatto contrario. Ed é questo, soprattutto, che deve far riflettere: la politica siciliana non é riuscita ad evitare il blocco. Le forze sindacali siciliane, non sono riuscite ad evitare il blocco. Si deduce, che in entrambi gli eventi, la responsabilità soggettiva di amministratori e di istituzioni locali e regionali, non hanno offerto alcuna valida alternativa alla chiusura dello stabilimento palermitano. Gli operai di Termini I. non hanno perso solo il lavoro, ma anche la dignità. E sappiamo che vivere senza dignità incide fortemente sulle capacità di sopravvivenza di un essere umano: privati di un'occupazione, si é privati perfino dei fondamentali diritti umani. Privati di un reddito economico, si è privati di speranze per sé e per la propria famiglia. Franano rovinosamente intere storie umane. Un uomo (o una donna) senza occupazione, smarriscono la loro identità sociale. Le famiglie dei disoccupati rimangono in una sorta di equilibrio precario, aldilà del quale non sussistono in Sicilia, a tutt'oggi, valide alternative di ripresa e di recupero di standard di vita tali da riconsegnare fiducia e vitalità ad un'area così vasta come quella che ha operato e vissuto grazie al polo FIAT. Sai cos'é Giorgio che mi irrita di tutto questo? In pratica, molta gente che ha le "mani in pasta" (politicamente parlando) oggi pronunciano dichiarazioni di dissenso contro questa chiusura e proclamano provvedimenti di supporto agli operai mandati a casa; eppure tutti sapevano, perfino noi, che con l'arrivo di Marchionne alla FIAT, sarebbero cambiate (in peggio) le condizioni per migliaia e migliaia di persone. L'esigenza degli industriali oggi é quella di adeguarsi alle leggi di un mercato globale che incalza. Meccanismi complessi, quelli della globalizzazione, che non tengono conto delle vite umane in mezzo ad un deserto: ciò che richiesto é esplicitamente allinearsi agli indirizzi di un mercato che soffoca le imprese artigianali e piccole realtà imprenditoriali, in favore dei grandi soggetti capitalistici. In Sicilia la "delocalizzazione" non é più un esperimento da tempi remoti: é una realtà funesta! In Sicilia, prima ancora che le imprese e le aziende, si sono delocalizzate le vite umane. Congratulazioni per questo tuo lavoro intellettuale, che condivido sulla mia pagina. Continua così!